CELLULE PARROCCHIALI DI EVANGELIZZAZIONE

CELLULA n. 346: PIENI DI SPERANZA, INIZIAMO L'AVVENTO

5. CAMMINARE SULLE ACQUE

Pensiamo particolarmente a Pietro a cui Gesù rimprovera la mancanza di fede quando cammina sulle acque (Mt 14, 22-23). Pietro si è posto "un problema": come si fa a camminare sulle acque ?
Aveva cominciato con l'avere paura, verso la fine della note, mentre Gesù si avvicina ai discepoli camminando lui stesso sul mare, in mezzo alla tempesta. "Coraggio, sono io, non abbiate paura" (v. 27). La parola efficace di Gesù stabilisce Pietro in una pace profonda e Gesù gli ridice la breve parola che egli aveva già sentita quando gettava le reti: "Vieni" (v. 29). Non osa credere ai suoi occhi e alle sue orecchie, ma la sua fede è confermata e l'amore lo sollecita: si fida della potenza di Gesù e si getta in acqua.
Che cosa è successo poi ? Pietro aveva cominciato bene. Un po' di presunzione si è infiltrata nel suo atto ? Da principio credeva davvero di poter camminare sulle acque, ma la tempesta riprende e il vangelo ci dice soltanto che Pietro ebbe paura. Perde di vista Gesù e guarda se stesso. Col distacco del suo sguardo su Gesù è in balia delle proprie forze e queste lo tradiscono. Il dubbio vince, scompare la fiducia; Siamo di fronte, in maniera concreta, a ciò che è la fede, o piuttosto, la non-fede: appoggiarsi sulle proprie possibilità e uscire dal fascino potente dell'amore di Gesù.
Pietro deve comprendere che è cosa straordinaria camminare sulle acque sia quando sono calme, che quando sono agitate. Egli immagina, come molti di noi, che il problema consiste nel sapere se ci sarà tempo buono o tempo cattivo, mentre, in realtà, si tratta di un problema di fiducia. Era nell'illusione al momento della calma perchè, in fondo, si fidava di se stesso, più che del Cristo. Ha compreso, dopo, di aver mancato di fiducia e la tempesta è stata l'occasione per rivelargli la sia incredulità. Che fa allora ? Capisce che soltanto un atto di fede può salvarlo e grida: " Signore, salvami! "(v.30) Gesù attendeva questo: questo smarrimento e questo slancio di fede contro ogni speranza. Si produce cosl il vero miracolo: Gesù afferra Pietro per la mano e, all'istante, il vento cessa. Pietro aveva bisogno di essere salvato. Gesù prendendo la mano di Pietro nella sua lo rimprovera dolcemente: "uomo di poca fede, perche hai dubitato? ".
Noi non siamo diversi da Pietro. Crediamo che la nostra buona volontà e la nostra generosità possano risolvere le tempeste che attraversiamo. Ma è soltanto un inizio; man mano che andiamo avanti, la nostra generosità ci tradisce, ci abbandona e la nostra disperazione si rivela. Beati noi se accetteremo di
immergerci in questa disperazione per gridare verso Gesù.

Ma spesso ci veliamo gli occhi di fronte alla luce che ci fa scoprire la nudità del nostro essere e ci rivolgiamo a Gesù perche ci risolva dei problemi di tempesta o " non tempesta ", di stanchezza o " non stanchezza ", di possibile o di impossibile. Crediamo che le cose andranno bene se si verificheranno certe condizioni. Pensiamo, in quei momenti,
di avere fiducia; ma quando arriviamo al punto in cui proprio tutto naufraga, Dio ci toglie le illusioni. Scopriamo allora che gli avvenimenti che ci hanno travolti sono stati il mezzo per spingerci a fidarci di Gesù. Questi momenti di disperazione sono una grazia perche non possiamo trovare Dio senza gridare verso di lui dal profondo del nostro cuore.
Nella vita spirituale è sempre un momento di grazia scoprire che le nostre forze ci tradiscono, che siamo privi di amore, e che la nostra generosità è ridotta ai minimi termini. Allora confessiamo la nostra mancanza di fiducia e diciamo come il padre del ragazzo epilettico indemoniato: " Credo, Signore! Aiutami nella mia incredulità " (Mc 9, 24). Quando un uomo incomincia a capire questo, non si lascia più ingannare da altri problemi: trascorre un brutto quarto d'ora, come Pietro che sta per affondare, ma è spiritualmente salvo. Tutta l'astuzia del diavolo sta nel far credere che le nostre difficoltà hanno le più varie origini e che non provengono da mancanza di fiducia, soprattutto quando siamo in momenti di apparente bonaccia e pensiamo di poterci fidare delle nostre forze. Uno solo è il problema: dimenticare tutto, la tempesta che riprende e le nostre forze che diminuiscono, non guardare più noi stessi, ma Gesù soltanto, buttandoci nel suo amore. Un grido. allora esce dal nostro cuore, un grido che ferisce anche il cuore di Gesù: " Gesù salvami! ". Soltanto allora il maestro dell'imposibile può fare un mi racolo.
Ripenso, a questo proposito, alla riflessione di un cristiano molto provato nella sua vita apostolica; riassume l'esperienza di Pietro: " Il Signore ci chiede sempre cose per le quali ci sentiamo totalmente incapaci, è questa incapacità a priori la base della nostra fiducia, il sigillo divino nel nostro desiderio e la promessa della collaborazione di Dio " .

Quali sono i segni per riconoscere questo ? Direi che il test infallibile è l'esperienza di una certa disperazione che nasce dal nostro non riuscire a dare a Dio tutta la fiducia che ci chie- de. Se non si passa per questa strettoia non ce ne rendiamo conto. L 'uomo che non è stato tentato nella sua speranza igno- ra le proprie incapacità. Non c'è che una grande tentazione: quella della disperazione, le altre prove sono ben poca cosa.
A questo punto ritroviamo la Vergine che non abbiamo perso di vista anche se ci siamo fermati a considerare Pietro. Ci voleva questa sosta per misurare l'abisso tra la nostra. povera fede e quella di Maria; bisogna toccare la nostra dlSpe- razione per risalire all'altezza di Maria. Ci conforta, nel contemplare la Vergine, vedere che anche lei ha conosciuto l'oscurità della fede, quando ha smarrito Gesù al tempio e quando ha assistito alla sua morte atroce sulla croce. Nel profondo della sua angoscia lo Spirito Santo sosteneva la sua fede e la sua speranza, ella era sicura che avrebbe contemplato la risurrezione.
Accanto alla croce Maria aveva perduto ogni speranza umana, la sua speranza riposava unicamente sulla fede, più preziosa dell'oro al crogiuolo. Come suo Figlio, che aveva riposto tutta la sua speranza nel Padre, ella rimane " salda come se vedesse l'invisibile " (Eb Il, 27). Dio non ha chiesto ad Abramo di non amare suo figlio o di rinunciarvi, gli ha chiesto di avere fiducia contro tutto. Per arrivare a questo punto, bisogna accettare di passare per momenti di disperazione. umana per sfociare nella speranza teologale. Quei momenti sono quelli in cui " si spera contro ogni speranza " dice la lettera ai Romani (4, 18). La fiducia è, infatti, qualche cosa di inaudito e di impossibile.
Coloro che comprendono questo, come la Vergine, possono comin~iare a costruire sulla roccia; gli altri costruiscono sulla sabbia. Ciò che interessa Dio, è la roccia che è Cristo! Il resto non costituisce problema per Dio. Una cosa sola gli importa, trovare chi gli offre il suolo della fiducia. Su questo può costruire un edificio solido, cioè una santità autentica.
Bisogna usare molta pazienza e dolcezza con coloro che sono tentati nella speranza; soprattutto, dice il padre Libermann, non bisogna aggravare il loro Scoraggiamento. Per gli altri bisogna usare fermezza. Dice con arguzia il padre Molinie: c'è una parola che va mai detta a chi manca di fiducia ed è: " coraggio " perche è proprio ciò ch'egli non ha. ~ un po' come se si dicesse a qualcuno che non ha soldi: " paga, paga! ". Bisogna dire invece: " vai alla sorgente dove rice- verai il pane dell'Eucaristia, e il vino della fiducia... proprio senza pagare! ". Se sei senza coraggio, vai a farti nutrire e consolare. Vieni e compra senza denaro! Prima di impe- gnarsi in una corsa, bisogna andare a farsi curare e soprat- tutto nutrire.

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